Dopo anni di dualismo Debian/Ubuntu avevo voglia di cambiare, e non solo DE come feci con KDE 4.4 (duro solo un paio di giorni).
Da un po mi interessavo di Fedora seguendo i suoi rilasci, ho deciso cosi di fare il grande salto abbandonando Apt (solo nel pc-desktop ci mancherebbe !!) per esplorare Yum e i pacchetti rpm con Presto il gestore ottimizzato dei pacchetti di cui tanto bene avevo sentito parlare.
In questi articoli esporrò le difficoltà che un utilizzatore di sistemi basati di APT ha riscontrato nel passaggio e le differenze più evidenti tra i due sistemi.
Sono lontani i tempi in cui acquistai al modico prezzo di 30 euro da Microlink (ora c’è un gommaio mi pare) gli 8 cd di Red Hat che cestinai dopo manco una settimana (troppo difficile sto linux 🙁 ), era l’unica distribuzione aggiornata che trovai e scaricarla col 56 k era impensabile (non pensavo alle riviste e avevo solo conoscenza Windowsiane). Fedora e appunto il “ramo free” di Red Hat, e i due sistemi collaborano a vicenda scambiandosi contributi e infrastrutture (questo detto molto in soldoni).
AZIONE !!
Dopo i consueti Gigabite di backup (non mi fido a non formattare la home) ingoiati da mio nuovo Ipod Nano 16Gb (Dovrò decidermi a prendermi un HD portatile..) scarico la versione a 64 bit della neonata Fedora 13 (.iso live + installer).
Andavo a sostituire Ubuntu 10.04 Lucid Linx che era leggermente instabile (problemi nvidia) causa credo refusi dalla alpha aggiornata da cui venivo, (fossa andata male almeno lo avrei rimesso pulito).
INSTALLAZIONE:
L’installer grafico è piuttosto gradevole e i passaggi sono i consueti, dalla tastiera alla scelta dell’ora, partizionamento, con l’opzione di ridimensionamento (shrink) e grub.
Inizialmente viene proposta la scelta fra Basic Storage Devices (standard) o Specialized Storage Devices (Storage Area Network Enterprise).
Abilitare il BTRFS:
Fedora 13 offre la possibilità di sfruttare il file system sperimentale BTRFS capace di una gestione ottimizzata dello spazio occupato e, fra le altre cose, fornisce la possibilità di avere degli snapshot incrementali che danno la possibilità di ripristinare il sistema dopo ogni aggiornamento.
Queste le caratteristiche:
Archiviazione files di tipo extented Piccoli file archiviati in maniera ottimizzata Directory indicizzate con più efficienza Allocazione dinamica degli inode Snapshot scrivibili Subvolumi Checksum su dati e meta dati Compressione Supporto integrato di dispositivi Check filesystem online Check del filesystem veloce Backup incrementale e il mirroring FS efficiente Deframmentazione del filesystem
Per poter sfruttare questa possibilità è necessario al boot (prima di installare) premere TAB e scrivere btrfs, in modo da avere il nuovo file system fra le opzioni di partizionamento.
C’è da dire che qualcuno ha avuto problemi e la cosa comporta dei rischi essendo ancora sperimentale (io aspetterei).
Avendo saputo dopo sta cosa del parametro ho formattato nel classico e ormai affidabile ext4.
L’installazione è stata di una rapidità mai vista nelle mie precedenti esperienze, c’è da dire che non ti mette Openoffice, Gimp, Rhythmbox e altro (tutti installabili dopo con yum) ma il tutto è stato nettamente più veloce di una passata di Windows Update o di una installazione di Debian/Ubuntu; il tutto è avvenuto senza intoppi (64 bit).
Ho fatto fare ad Anaconda il partizionamento manuale nel modo classico che uso di solito ( / + /home + swap).
Nei prossimi articoli le differenze riscontrate durante l’utilizzo e nell’installazione di programmi rispetto a Debian/Ubuntu. 😉
Screenshots:
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